Sergio Rubini analizza la città di Taranto dentro e fuori il suo film

TARANTO – E’ proprio la città pugliese ad aver fatto da sfondo all’ultima creazione nel film di Rubini. Taranto viene vissuta attraverso un parallelismo con altre popolazioni, e raccontata cercando di includere i suoi punti forti, non citando i deboli come l’Ilva.

Ecco le riflessioni di Sergio Rubini: «A Taranto siete un po’ come i pellerossa (nel film il personaggio interpretato da Papaleo è un disagiato psichico che crede di essere un indiano Sioux, ndr): loro furono espropriati dalla costruzione delle ferrovie; qui è arrivato l’acciaio.

Ma bisogna dire che l’Italsider lo volevano tutti, lo volevamo anche a Bari e Taranto ha beneficiato dell’arrivo del siderurgico. Poi però bisognava fermarsi e invece siete diventati pellerossa e oggi siete costretti a collaborare con l’Ilva. Vivete questa contraddizione. Ma questo è un problema italiano». Tarantini, quindi, vittime sacrificali? Per certi aspetti sì, per altri probabilmente no. Perché Rubini le frecciate critiche all’atteggiamento dei tarantini le scocca senza ipocrisie: «Per fare battaglie servono amici, ma qui siete spaccati. Bisogna trovare un’idea comune e forse l’aiuto vi deve arrivare dall’esterno. Al centro della questione devono esserci i tarantini, non l’Ilva. Bisogna adattare l’acciaio all’essere umano. La questione è complicatissima».

«Il centro storico dovete metterlo a posto prima ancora di pensare all’Ilva. Questo è un problema culturale. Bari Vecchia (che bello sentire pronunciare senza vergogna queste due semplici parole senza cercare inutili eufemismi lessicali, ndr) era un ghetto, oggi è altro. Bisogna capire che con il cinema, la musica, la cultura, si fa pil e questo va spiegato anche ai commercianti che si lamentano per i momentanei disagi prodotti dalle riprese di un film, come è successo proprio a Taranto per la produzione Netflix. C’è un problema di arretratezza culturale».

E ancora: «A Bari per la presentazione del nostro film c’erano milleduecento persone, qui siete ottanta. Eppure in questo film c’è Taranto».