Prima dell’appuntamento al Palaflorio di Bari, Emma si racconta

BARI – Si è tenuto presso la cittadina pugliese il primo incontro del tour invernale di Emma. La prima tappa si è svolta il 15 Febbraio, al Palaflorio di Bari. Prima della data del concerto, Emma si racconta sui social e grazie alle domande a lei rivolte, ci comunica il suo punto di vista, rispondendo all’affermazione ” Stiamo diventando disumani”.

“Per un sacco di cose, a partire dalla banalità della gente che suona il clacson per qualsiasi motivo. Mi verrebbe da dire: “Ma perché non vi rilassate?”. E poi dico che palle quando la gente parla a vanvera senza sapere niente della vita degli altri, quando chi ha tutte le possibilità davanti agli occhi poi si lamenta. Che palle quando se ne vanno via i buoni e restano i cattivi, ma per fortuna canto anche che esiste un’altra vita, e bisogna crearsi delle possibilità perché non sempre cadono dal cielo. Dobbiamo crearci punti di partenza e obiettivi, è quello che ho cercato di fare in questi anni, e quando mi dicono che sono cambiata per me è meglio. Che palle, allora, non cambiare mai, sarei un burattino”.

Cambiare le dà forza, quindi. Anche se si deve affrontare la guerra. Lei l’ha fatto contro il cancro, e forse ora è giunto il momento di mettersi a nudo. L’ha fatto, letteralmente, pubblicando sul Magazine del disco la foto della sua ferita all’inguine. Quanto coraggio le è costato?
“Ci ho messo un po’ a capire, non ho fatto in tempo a metabolizzare la prima ferita che mi hanno riaperto. E allora ho detto ai medici: “Mettetemi una cerniera, così se dovesse ricapitare evitiamo tutto questo casino”. Ora la guardo ed è come se fosse sempre stata parte di me. Come se sapevo già che dovevo passare da lì, come quando fai un tatuaggio e dopo tanti anni credi che sia sempre stato lì. La cicatrice la vivo come una parte del mio corpo, ricordi che sono nella mia vita. E a parte qualche disturbo tecnico, per esempio quando cambia il tempo, ora ne vado fiera. Sono molto più coraggiosa e do un peso diverso alle cose. È diventata il mio scudo, mi ripeto che se non mi ha ammazzato quella cosa lì allora nessuno nella vita può farmi del male”.

In un vecchio video di un concerto a Napoli interrompe la sua esibizione perché qualcuno in sala si sente male, dicendo ai ragazzi di sentirsi responsabile di quello che succede. Che effetto le fa, dopo la tragedia di Corinaldo per il concerto di Sfera Ebbasta?
“Quello che è successo è stata una tragedia infinita, ma non mi va di fare polemica né di aggiungermi al coro di polemiche sterili. Penso solo al dolore delle vittime e di tutti i genitori, ma preferisco il silenzio. Non è la prima volta che blocco un mio concerto perché mi rendo conto che qualcosa non va, mi sembra il minimo che possa fare in certe circostanze”.

Nel suo disco c’è una squadra di autori pugliesi. Oltre a Giuliano Sangiorgi si trovano Gianni Pollex, Luca Serpenti, Leonardo Lamacchia. È attenta al panorama che si etichetta ancora come “indipendente”, visto che non manca neppure Colapesce.
“Mi sono posta sempre in maniera molto aperta verso tutte le scene musicali, e gli autori che si sono proposti mi hanno permesso di far venire fuori cose bellissime. È già successo in passato con Diego Mancino, Amara e Giulia Anania, perché non mi piace fossilizzarmi e lavorare sempre con le stesse persone. Non delego il mio lavoro, ma vado in giro ad ascoltare i pezzi, a incontrare persone sempre nuove. In qualche caso siamo diventati amici, e ogni volta che mi donano una canzone ho la sensazione che l’abbiano scritta proprio per me”.

Intervista a cura di Anna Puricella