Il discorso di Paolo VI di 50 anni fa sull’acciaieria di Taranto

TARANTO – Papa Paolo VI dichiarò: «Figli, fratelli, amici, uomini sconosciuti e già amati come reciprocamente legati – voi a noi, noi a voi – da una parentela superiore a quella del sangue, del territorio, della cultura; una parentela ch’è una solidarietà di destini, una comunione di fede, esistente o da suscitare, una unità misteriosa, quella che ci fa cristiani, una sola cosa in Cristo! Tutte le distanze sono superate, le differenze cadono, le diffidenze e le riserve si sciolgono; siamo insieme, come se non fossimo forestieri gli uni e gli altri. Questo specialmente con noi perché siamo vostri, come lo è il Papa per tutti: padre, pastore, maestro, fratello, amico! Per ciascuno, per tutti. Così pensateci e ascoltateci».


«Vi parliamo con il cuore. Vi diremo una cosa semplicissima, ma piena di significato. Noi facciamo fatica a parlarvi. Noi avvertiamo la difficoltà a farci capire da voi. O noi forse non vi comprendiamo abbastanza? Sta il fatto che il discorso è per noi abbastanza difficile. Ci sembra che tra voi e noi non ci sia un linguaggio comune. Voi siete immersi in un mondo che è estraneo al mondo in cui noi, uomini di Chiesa, invece viviamo. Voi pensate e lavorate in maniera tanto diversa da quella in cui pensa e opera la Chiesa. Vi dicevamo che siamo fratelli e amici: ma è poi vero in realtà? Perché noi tutti avvertiamo questo fatto evidente: il lavoro e la religione, nel nostro mondo moderno, sono due cose separate, staccate, tante volte anche opposte. Una volta non era così. Anni fa noi parlammo di questo fenomeno a Torino. Ma questa separazione e reciproca incomprensione non ha ragione di essere».

 «Qui due mondi si incontrano, la materia e l’uomo; la macchina, lo strumento, la struttura industriale da una parte, la mano, la fatica, la condizione di vita del lavoratore dall’altra. Il primo mondo, quello della materia, ha una segreta rivelazione spirituale e divina da fare a chi la sa cogliere; ma quest’altro mondo, che è l’uomo, impegnato nel suo lavoro, carico di fatica e pieno di sentimenti, di pensieri, di bisogni, di stanchezza, di dolore, quale sorte trova qui dentro?».