Il racconto della pubblicazione del nuovo libro di Giovanni Tamborino

TARANTO – Grazie all’impegno giornalistico di Francesco Mazzotta, ci viene raccontata l’esperienza della creazione del libro di Giovanni Tamborino ‘Dall’acciaieria alla fabbrica dei suoni – L’officina artistica di Giovanni Tamborrino’, uscito da pochi giorni tramite Zecchini Editore.

Come si può definire il tuo libro?

“E’ un saggio di musica edito da una casa editrice che si occupa di questo settore, però nasce con l’intenzione di essere un racconto, quindi il racconto ed il saggio si mescolano tra di loro, spero in maniera avvincente. Questo perché volevo cercare di rivolgermi non soltanto a chi si occupa di musica, perché il libro tratta sia di musica che dei teatro contemporaneo e quindi volevo solleticare l’interesse anche del lettore comune, perché ho sempre pensato che la storia di Giovanni Tamborrino fosse straordinaria da molti punti di vista.

Cosa ne pensa Tamborrino di questo saggio?

“Quando gli ho fatto leggere la bozza definitiva (ma abbiamo lavorato anche sul catalogo delle opere) era molto emozionato e sorpreso e si è ritrovato in molte frangenti. Ha percepito questa mia capacità di entrare anche nella sua testa e nelle sue cose. Mi ha portato tre valige di materiale non soltanto artistico, ma anche diari personali, che ho spulciato chiedendogli il permesso. Per cui sono entrato nel suo spirito, nella sua umanità ed ho cercato di portarla anche in forma di racconto. E questo gli è piaciuto moltissimo. Ci sono già alcune persone che l’hanno letto, come Enzo Quarto, che afferma che l’ha divorato e che ho scritto un affresco umano ed artistico. La bellezza è proprio questa perché nel libro l’uomo e l’artista camminano di pari passo.”

Perché sentivi il bisogno di raccontare questa storia?

“Racconto di un ragazzo di 17 anni che entra nell’Italsider, come operaio ma nella testa ha solo la musica. Cerca di far parte di uno dei complessi che suonano alle feste o ai matrimoni e con loro suona la sera, non va neanche a dormire e la mattina va a lavorare in fabbrica. Ma ha il desiderio fortissimo di conoscere la musica dal di dentro e per molti anni cerca di studiare al Conservatorio Piccinni di Bari finché, dopo un’audizione, vi entra e scopre un mondo fantastico. Non solo scopre la musica classica che va fino al ‘900 ma anche quella contemporanea e comincia a fare viaggi. Va a trovare Christoph Caskel,percussionista di Stockhausen, il quale gli apre un mondo pazzesco. Incomincia a prendere contatti con tutti i padri dell’avanguardia italiana: Berio, Donatoni, Bussotti e diventa il loro percussionista. Decide di avviare delle sperimentazioni con materiali di scarto ed i suoi negozi preferiti per gli acquisti non sono i negozi di strumenti musicali ma gli sfasciacarrozze, nei quali compra: cerchioni di auto, parafanghi e incomincia ad allargare questa officina strumentale, sonora che diventa la caratteristica, il marchio di fabbrica della sua produzione. Si tratta di una produzione estremamente originale, nella quale mette insieme, oltre alla parte musicale, una teatrale. Scopre Carmelo Bene e gli studi che fa sulla voce, mette tutto inseme, ha l’intuizione di quella che sarà definita l‘”Opera senza canto” che ha avuto anche un importante risvolto scientifico, perché l’Università di Bologna se ne è occupata. Tamborrino unisce la parte musicale a quella teatrale ed inventa una specie di terzo teatro in cui non ci sono più i cantanti lirici, ma ci sono degli attori. Questa è una specie di rivoluzione che parte da un’idea di Carmelo Bene che aveva molti contatti con il mondo musicale, che però viene sviluppata in una maniera assolutamente originale, soprattutto all’interno del ‘Festival della Terre delle Gravine’, che è un’altra delle invenzioni di Tamborrino, che ha anche a che fare con un’altra, che è un luogo. In altri termini questa denominazione è frutto di una sua idea, l’identità dei luoghi viene definita da un segno artistico e Giovanni con questa produzione, che è fortemente identitaria, inventa un territorio, che oggi viene utilizzata come un brand per vendere prodotti diversi.”