Ricercatori di Lecce scoprono un punto debole sul cancro al colon

Una scoperta su un punto debole riguardo il cancro al colon mette in luce l’Università del Salento che grazie ad alcuni ricercatori ha fatto un passo avanti nella ricerca. La scoperta riguarda una particolare proteina che risulta collegata all’insorgenza del cancro al colon retto, che potrebbe diventare oggetto di vari esperimenti e terapie specifiche con l’obiettivo di trovare una cura adatta.

Si tratta di un importante passo in avanti verso la ricerca di nuovi metodi per curare una patologia considerata una di quelle mortali in assoluto, al secondo posto sia in Italia che nel mondo. Secondo i ricercatori, pare che il cancro al colon retto sia collegato alla proteina studiata, ovvero la beta-Catenina, che sembra abbia una reazione esagerata soprattutto nelle fasi precoci del tumore. Al momento i farmaci intelligenti mirati ad inibire questa proteina non hanno dato risultati soddisfacenti ma ha mostrato una lieve efficacia nel diminuire la proliferazione delle cellule cancerose, anche se non le ha uccise.

Grande successo dei ricercatori sul cancro al colon

Il progetto ha permesso di evidenziare il legame della beta-Catenina con uno specifico circuito molecolare che può stabilizzare dall’interno la cellula tumorale, facendo emergere un probabile punto debole della malattia. Lo studio è stato condotto grazie alla collaborazione della dottoressa Malù Coluccia e Michele Maffia, docente dell’Università del Salento e responsabile del Laboratorio di Proteomica Clinica del Polo Oncologico “Giovanni Paolo II” di Lecce e i risultati sono stati pubblicati recentemente sulla rivista “Oncogene” del gruppo “Nature”.

I ricercatori hanno sottolineato come portando all’inattivazione la proteina della beta-Catenina, questa si inneschi nelle cellule malate con una risposta metabolica di tipo adattivo che porta all’autofagia delle cellelule, ovvero al mangiarsi da sole autodistruggendosi. Regolare questo meccanismo dipende dal livello di variazione e distribuzione intracellulare della NHERF1, un’altra proteina. Per questo motivo i ricercatori leccesi hanno sviluppato un inibitore di NHERF1 che non produce effetti sulle cellule sane che collaborando con antagonisti della beta-Catenina sono in grado di uccidere le cellule del cancro al retto.