Taranto e le dichiarazioni del cinque stelle riguardo l’innovazione

Presso Taranto, il periodo delicato delle elezioni fa emergere dei dati importanti che tutti noi dovremmo tenere bene a mente. Uno degli elementi importanti su cui ci dobbiamo soffermare è,secondo il senatore del movimento 5 stelle Mario Turco, la questione dei mancati investimenti rivolti all’innovazione, i quali sono molto importanti per la crescita di una cittadina, ma anche molto difficili da reperire e attuare:

“Il cambiamento si fonda sugli investimenti che un Paese fa in ricerca ed innovazione. Per questo ritengo fondamentale colmare il gap che attualmente ci separa dai nostri partner europei e la manovra espansiva che il governo ha in mente punta proprio in questa direzione”.

Il senatore del Movimento 5 Stelle Mario Turco ha dichiarato, durante l’esame della nota di aggiornamento al Def, quanto poco sia stato fatto in tempi recenti, riguardo agli investimenti per la ricerca universitaria. “Nel confronto internazionale – afferma Turco – l’Italia è caratterizzata da una spesa pari a meno di due terzi di quella media dei paesi OCSE (0,96% rispetto all’1,55%). La quota dei ricercatori rispetto al totale del personale impiegato è pari al 48,3%, contro la media europea del 63,4%”. Sconcertante è il capitolo dei ricercatori. “In Italia – prosegue il parlamentare tarantino – non solo sono pochi, ma anche sempre più anziani: si accede nel ruolo alla soglia dei 40 anni e l’età media del ricercatore supera i 46 anni. Esiste inoltre un grave divario territoriale: mentre le regioni del centro-nord presentano valori di spesa e di personale pressoché allineati a quelli europei, le regioni meridionali si posizionano nettamente al di sotto della media dei principali paesi industrializzati”.

“A ciò – rimarca infine il senatore del Movimento 5 Stelle – si aggiungono gli effetti perversi che l’attuale sistema di reclutamento del personale docente e ricercatore: 13.900 ricercatori a tempo indeterminato (RUTI), ad oggi, non hanno alcuna prospettiva di carriera, mentre i restanti ricercatori vivono nel limbo del precariato”.