A Taranto, la cooperativa “Noi&Voi” crea una pasticceria in un carcere

Fonte Web: Wikipedia

TARANTO – L’iniziativa del creare un laboratorio  che possa fungere da ponte tra economia del terziario e progetto sociale viene da “Noi&Voi”, cooperativa sociale. Le testimonianze di uno dei pasticcieri del progetto danno modo di capire quanto questo sia importante e prezioso in termini umani:”I primi tempi – racconta Antonio – le righe di pasta frolla sulle crostate mi venivano sempre perpendicolari. Non c’era modo di guardare oltre quelle sbarre. Oggi penso al mio futuro con più fiducia. Mi è stata data una grande opportunità e spero che come me possano averla anche altri”

“Il laboratorio ha origine da un corso professionalizzante esterno alla casa circondariale, che ha coinvolto 50 detenuti in misura alternativa, di cui 10 nel laboratorio di pasticceria. ‘Fieri Postest’, in latino, ‘ possibile’ è un percorso che prende il nome dal ‘Centro Socio Rieducativo’ voluto da monsignor Filippo Santoro, arcivescovo della diocesi di Taranto e realizzato con il contributo della Caritas italiana. Un modo per fornire formazione e lavoro a persone in esecuzione penale esterna, con laboratori culturali e professionalizzanti” queste le parole di don Francesco Mitidieri, punto di riferimento dell’associazione.

Le spese tecniche arrivano da un ente esterno:“È infatti la ‘Cassa Ammende’ ad aver finanziato l’acquisto delle attrezzature necessarie– dichiara la direttrice dell’istituto penitenziario, Stefania Baldassari con una spesa di 45mila euro. Lo spazio è stato adeguato dal punto di vista elettrico ed idrico e ceduto in comodato d’uso gratuito all’associazione ‘Noi&Voi’.

 

Quella della pasticceria è una bella scommessa. Nella casa circondariale – sottolinea Antonio Erbante, presidente della cooperativa ‘Noi&Voi’ – lavoriamo da 25 anni. Vogliamo formare i ragazzi in prospettiva di un lavoro all’esterno. Il carcere non deve essere considerato solo una punizione ma una modalità per poter pensare ad una nuova vita, una volta fuori”. Sulle scatole delle crostate prodotte in carcere,che faranno bella mostra nelle vetrine dei bar della città, c’è una scritta: “Non c’è dolce che può accontentare il palato, se non raccontato”. “Il racconto della storia di ciascuno in questo genere di iniziative formative per noi è fondamentale. Un’esperienza come questa – chiude don Francesco Mitidieri – permette di raccontare la propria vita a coloro che sono fuori, dimostrando come è possibile un’esecuzione penale piena di contenuti”.

Giulio Bruno: Traduttore e addetto marketing per le aziende, ama viaggiare, leggere e creare agglomerati di pensieri, costruzioni maestose e imponenti di lettere e parole, il cui collante è il solo potere della fantasia.