Diminuisce la depressione dei malati di Parkinson con ParkinsONsail a Bari

BARI – Conclusa l’iniziativa intitolata “ParkinsONsail” e destinata a dieci persone colpite dal morbo di Parkinson. Il progetto finanziato dall’assessorato al Welfare nell’ambito dell’avviso “Creatività e movimento oltre le barriere” ha visto la partecipazione a un corso di vela, durante il quale le persone affette dalla sindrome hanno appreso le tecniche base del governo di un’imbarcazione a vela.

Il progetto realizzato dal consorzio Beata Chiara in collaborazione con la società sportiva MattiXFede aveva come obiettivo quello di dimostrare l’efficacia della vela sulle persone con il Parkinson, la quale interverrebbe sui sintomi non motori, quali la depressione e l’apatia. Le teorie degli studiosi sono state confermate da alcuni test psicologici eseguiti prima e dopo il corso.

“Numerosi lavori scientifici dell’ultimo decennio e le esperienze cliniche – commenta il responsabile del corso Antonio Cantoro – dimostrano che le attività sportive praticate in maniera coinvolgente sono in grado di migliorare sensibilmente la gestione di sintomi come l’apatia, l’ansia, la depressione, la paura, nonché le alterazioni posturali e i disturbi della coordinazione motoria che influiscono in misura considerevole sulla qualità della vita di chi soffre di Parkinson. Quando molti dei corsisti, all’ultima lezione, ci hanno chiesto di poter continuare a andare a vela, per noi è stata la soddisfazione più grande, segno che siamo riusciti a dare qualcosa, al di là di alcune nozioni e di qualche uscita in barca a vela”.

“Questo progetto – dichiara l’assessora al Welfare Francesca Bottalico – ha il merito di aver utilizzato l’esperienza dello sport nautico per eccellenza per offrire a persone giovani, malate di Parkinson, la possibilità di vivere una serie di stimoli utili a migliorare la percezione di sé. Troppo spesso le malattie vengono affrontate solo dal punto di vista clinico, mentre un approccio che metta la persona, e non il paziente, al centro di un percorso complessivo si rivela spesso più incisivo per la qualità della vita dei malati, come accaduto in questo caso”.